La personale di Ghezzi sulla Shoah, nei giorni di fine gennaio dedicati alla “Memoria”, per noi della Pro Loco era diventata ormai parte di un rito che si ripeteva con entusiasmo da qualche anno. Ed anche per questo 2022 il Maestro aveva preparato un gruppo di opere pittoriche dedicate allo scopo.
Il destino ha voluto che non riuscisse a concretizzare di persona questo suo nuovo progetto, ma è stato nostro impegno, anche su richiesta della famiglia, portare comunque a termine il suo lavoro.
Grazie al prezioso impegno dei più stretti collaboratori di Giacomo, Vittorio Strepparola e Luciano Ognibene, ne è nata una meravigliosa mostra predisposta presso l’atrio del Municipio, inaugurata il 27 gennaio con una presentazione del critico d’arte Andrea Ladina ed un’introduzione del nostro Presidente Giuseppe Strepparola, alla presenza della Vicesindaco Marianna Patrini e della famiglia Ghezzi.
La mostra sarà aperta fino a domenica 6 febbraio (per conoscere gli orari di apertura clicca qui).
Abbiamo chiesto a Cesare Sottocorno, amico fraterno e profondo conoscitore dell’arte di Giacomo, di proporci – qui di seguito – una lettura di questa particolare esposizione artistica.
Giacomo Ghezzi che ci ha lasciato i primi giorni di gennaio, in queste sue opere ha saputo rappresentare la NOTTE più buia che l’Europa abbia vissuto nel secolo breve. C’è tutta la dannata tragedia della Shoah, quello che è stato, come ha scritto Primo Levi, perché, in questi tempi di incertezza e di indifferenza, a noi è dato di ricordare stando in casa, andando per via, coricandovi, alzandovi.
Ghezzi ci sbatte in faccia i corpi scheletrici dei bambini, delle donne e degli uomini che, con la sola colpa di essere nati, vanno incontro alla morte come agnelli del sacrificio. I loro occhi terrorizzati e rassegnati ci gridano che non ci è più consentito volgere lo sguardo dall’altra parte e non ci è più lecito tacere e far finta di non sapere di fronte al crudele sterminio di popoli, di etnie e di culture.
Con immagini drammatiche e inquietanti, Ghezzi fa che ci immergiamo nei diversi momenti che hanno portato all’ annientamento non solo del popolo ebreo, perfido per secoli e poi denominato, fratello, fratello maggiore, ma anche omossessuali, rom, disabili, testimoni di Geova, dissidenti politici e slavi.
Non lasciano spazio all’immaginazione questi suoi lavori. Non manca nulla di quell’orrore: le baracche dormitorio in legno dove si spegnevano i sogni e le speranze, i reticolati arrugginiti di filo spinato sui quali si infrangevano i disperati e impossibili tentativi di fuga, gli elmetti lugubri e crudeli delle guardie incapaci di ribellarsi perché partecipi di quel mostruoso disegno che avevano chiamato soluzione finale.
E le camere a gas, il fumo dei camini che liberava nel cielo il suo odore di morte. E le fosse comuni dove i cadaveri senza nome venivano accatastati perché non si dovesse sapere fino a che punto l’uomo fosse capace, in quegli atomi opachi del male, di un odio infinito.
Il cielo volge sempre al tramonto a significare che l’umanità di chi ha costruito queste macchine di morte è lontana dall’alba della vita e non può che precipitare nell’oscurità delle tenebre.
E’ toccato ai sopravvissuti, ai sommersi e ai salvati, ai giusti, tener viva la memoria perché più non accada quello che è stato. Non è stato facile e, con il passare del tempo, sarà sempre più difficile ricordare quella NOTTE. Le opere di Ghezzi altro non ci dicono che non dobbiamo dimenticare, perché i semi di intolleranza e di razzismo che credevamo fossero diventati secchi, hanno invece ripreso, con preoccupazione a germogliare e a fare frutto.
Cesare Sottocorno