Alberto Quadrelli, il Rivoltano più illustre di tutti, salì al cielo giusto otto secoli e mezzo fa
Quando il 4 Luglio 1776, a Washington, il Congresso degli Stati Uniti d’America si accingeva ad approvare la Dichiarazione d’Indipendenza – l’Indipendence Day, considerata ancor oggi la festa nazionale più importante degli States – a Rivolta d’Adda si stava celebrando già da più di seicento anni, nello stesso giorno, la Festa Patronale di Sant’Alberto Quadrelli.
Risale al 1173, infatti, il Dies Natalis del Rivoltano più illustre di tutti, il giorno nel quale lasciò questa terra per nascere – in pienezza – alla vita gloriosa dei Santi del cielo.
Non è facile ricostruire la biografia di questo indimenticabile personaggio. Come scrive Antonio Bravi nel suo Sant’Alberto Quadrelli, attualità di un Vescovo del Medioevo, “la maggior parte delle notizie che lo riguardano fanno parte di quella agiografia tipica del tempo che ha finito per proporci un personaggio talmente eccelso in ogni sua azione da sembrare quasi perfetto”. Certo è che, da uomo tipico del suo tempo, perfettamente inquadrato nel suo secolo, seppe affrontare gli avvenimenti a lui contemporanei che lo fecero emergere con tutto il suo straordinario carisma, non solo nella terra dove operò come Vescovo – la Diocesi di Lodi – e nemmeno nel più ristretto ambito del suo paese natale – Rivolta d’Adda – ma, grazie all’amicizia e alle frequentazioni con altri uomini illustri, anche ben al di fuori dei nostri confini.
La proclamazione della santità di Alberto Quadrelli fu molto sollecita. Arrivò “a furor di popolo” come spesso avveniva prima che il Concilio di Trento (nel Cinquecento) stabilisse, per la canonizzazione di un Santo, l’obbligatorietà del processo canonico. Si trattò verosimilmente di un evento accelerato anche dalla necessità di proporre, in tempi dominati dalle suddivisioni ideologiche e religiose, esempi di persone straordinarie perchè il popolo cristiano cercasse di imitarle.
Per tornare alle poche notizie giunte fino a noi – che hanno bisogno di essere ulteriormente indagate e ricostruite – sappiamo che, alla sua morte, Sant’Alberto, molto probabilmente, aveva appena compiuto i 70 anni di età. L’unica testimonianza che, in un certo modo, permette di fissare il lasso di tempo che vide la sua nascita è una Bolla Pontificia, a firma di Lucio II, di cui parla il Prof. Eugenio Calvi nella sua Storia di Rivolta d’Adda. La Bolla, il cui originale non è mai stato reperito e della quale è stata ritrovata solo una copia, porta la data del 13 aprile 1144 ed è indirizzata all’allora quarantunenne Alberto, Parroco di Rivolta d’Adda. Se Alberto aveva compiuto 41 anni quando ricevette la Bolla di Papa Lucio II, la data di nascita andrebbe collocata nei primi mesi dell’anno 1103.
Alberto Quadrelli divenne sacerdote presso la Collegiata del suo paese natale e, in seguito, venne scelto dai suoi confratelli come Prevosto. La situazione locale, in quel tempo, era ingarbugliatissima per l’intrecciarsi di interessi (la Chiesa di Rivolta era contesa tra due diocesi) e per lo sviluppo di azioni e ambizioni che portarono a uno stato tale di confusione da essere difficilmente districabile anche per gli storici.
Erano i tempi di Federico Barbarossa capo del Sacro Romano Impero e del suo scisma provocato dal riconoscimento di un antipapa in contrapposizione al pontefice legittimo, Alessandro III.
La comunità rivoltana, nonostante tutto, rimase ferma nella sua fedeltà alla Chiesa di Roma soprattutto per le virtù del Prevosto Alberto e rischiò ritorsioni da parte dello stesso Imperatore che, intorno al 1161, giunse anche dalle nostre parti portando morte e distruzione allo scopo di mostrare la sua supremazia non solo politica, ma anche religiosa.
Ci piace pensare che, come i nostri nonni ci hanno amorevolmente raccontato riportando quanto ascoltato dai loro antenati, l’enobarbo imperatore di Germania (come viene appellato il Barbarossa in un’epigrafe leggibile su uno dei lati della torre campanaria di Rivolta d’Adda), una volta giunto alla porta del fortilizio di Ripaltae, trovò, non un piccolo esercito di borghigiani pronti al martirio, ma un Prevosto talmente rispettabile e ricco di virtù, da convincerlo a risparmiare – tra i pochi che effettivamente riuscirono a vedersi salvati dalla distruzione – il nostro piccolo, relativamente giovane, ma già molto prezioso borgo.
Lasciamo agli studiosi di storia medievale il compito di accertare se questi fatti sono realmente accaduti e se la Ripaltae che Ottone Morena – uomo di fiducia di Barbarossa – scrive nelle sue cronache di quelle stesse vicende, è l’attuale Rivolta d’Adda o quella Rivalta Trebbia (in provincia di Piacenza) che – anche grazie alla presenza di un sontuoso castello – è verosimilmente una delle più probabili tappe del percorso che vide l’Imperatore percorrere larga parte dell’attuale Lombardia.
E bisogna parlare anche di Lodi. Città nella quale il Vescovo di quel periodo, Alberico, fu totalmente sottomesso alle volontà dell’Imperatore e dell’antipapa. Nel 1162 vi fu celebrato addirittura un Concilio indetto da Vittore IV, antipapa, che vide la partecipazione di prelati, principi e re. Alberico in quell’occasione fece gli onori di casa, pur mancando tra i suoi proseliti buona parte dei religiosi e del clero lodigiano.
Fu sei anni più tardi – nel 1168 – che abati, prevosti e presbiteri della nuova città laudense decisero per la svolta ed elessero loro Vescovo il Prevosto rivoltano che godeva ampiamente di fama di pastore fermo, illuminato e deciso. Pur essendo una scelta operata dai lodigiani in piena autonomia, pare che in quell’occasione ci fu, discreto e quasi inavvertibile, l’intervento del Vescovo Metropolita di Milano, San Galdino della Sala, legato del Papa per tutta la Gallia Cisalpina, uomo stimato da Alberto e che stimava a sua volta il nostro Santo.
Appena preso possesso della diocesi il nuovo Vescovo Alberto si applicò in campo sociale, religioso, caritativo e anche liturgico. In soli 5 anni di episcopato compì diverse visite pastorali, fondò il Consorzio del Clero e operò così intensamente da essere acclamato Santo subito dopo la sua morte. Da un antico documento della Curia Vescovile di Lodi si rileva che, a nemmeno mezzo secolo dalla morte, venne eretta una Cappella dedicata a S. Alberto, proprio nel luogo nel quale venne anche costruito, o forse era già stato costruito, l’ospedale dei pellegrini intitolato al rivoltano.
Il capolavoro del Quadrelli in terra lodigiana fu anche quello portato a termine dal punto di vista politico. Come dice sempre il Bravi, “seppe sottrarre la nostra gente alle cure soffocanti del Barbarossa senza provocare reazioni o, peggio, terremoti politici e senza suscitare le ire dell’Imperatore. (…) Staccare dall’orbita imperiale popolo e chiesa lodigiani e farli aderire alla parte guelfa, proprio quando più accanita era la lotta fra Ghibellini – seguaci dell’Imperatore – e Guelfi – difensori del Papa – deve essere stata operazione difficilissima, anche perché i lodigiani consideravano il Barbarossa come il padre della loro città, colui che li aveva raccolti e aiutati dopo la distruzione di Laus Pompeia ad opera dei milanesi e aveva dato corpo alla costruzione della nuova città. Essere riuscito nell’impresa senza causare strappi nei rapporti intercorrenti fra l’Imperatore e la città lodigiana, fu sicuramente un capolavoro di abilità, di acume politico e di grande responsabilità”.
Il culto e la devozione nei confronti del Santo Vescovo si diffusero ampiamente nella Diocesi di Lodi e presso il suo paese natale.
Nel 1731 a Rivolta venne eretta l’attuale chiesa dedicata al Santo che la tradizione vuole costruita sulle fondamenta della casa dei Quadrelli. L’epigrafe sulla facciata lo attesta chiaramente: HIC TEMPLUM UBI OLIM DOMUS (questo tempio è dove un tempo ci fu la casa). E lo conferma anche quella precedente, sostituita dall’attuale, letta nel 1925 da Mons. Luigi Cazzamali e riportata nel suo Sant’Alberto Vescovo di Lodi nella luce del suo secolo: DIVO ALBERTO SACRUM QUOD OLIM PATERNA DOMUS (luogo sacro a Sant’Alberto che un tempo fu la casa paterna). Ma i festeggiamenti annuali in onore di Sant’Alberto presero il via nel Seicento con tanto di istituzione di comitato promotore.
Nel 1745 arrivarono in paese le prime reliquie del Santo: una parte della mandibola inferiore e un dente, ancor’oggi perfettamente conservati in un reliquiario dell’epoca.
Il 1817 fu l’anno nel quale (e non si conosce il motivo) i rivoltani mancarono di festeggiare Sant’Alberto. Fu anche l’anno di catastrofiche perturbazioni che si abbatterono, caso strano, solo sulla zona di Rivolta con grandinate e piogge così violente da rovinare tutti i raccolti e mettere in pericolo la vita stessa della gente. Si parlò di chicchi di grandine più grossi delle uova che distrussero erbe, raccolti e piante. Il popolo di Rivolta pensò a una sorta di punizione provocata dal loro Santo per i mancati festeggiamenti anche se, sicuramente, non avrebbe mai fatto ricorso a questi mezzi persuasivi per avere l’affetto della sua gente. Comunque la lezione servì perchè da quell’anno Rivolta continuò a celebrare la festa del Santo in modo continuativo e stabile.
Nel 1838, il 4 luglio, ci furono festeggiamenti particolarmente solenni con la partecipazione di almeno diecimila persone.
Nella primavera del 1856 arrivò a Rivolta una nuova reliquia: una tibia. Ma, proprio in quell’anno, i festeggiamenti furono sospesi per il rischio di colera. Si fa risalire a quell’epoca la tradizione delle “tre processioni”: quella del sabato sera per il trasporto della reliquia dalla Chiesa nella quale è custodita fino alla Basilica; quella della domenica a conclusione del solenne Vespro; quella del lunedì per il trasporto della reliquia dalla Basilica alla Chiesa del Santo.
Nel 1914, per generosa donazione del cappellano del ricovero Casa Famiglia Spinelli, Don Cesare Bonacina, fu costruito un nuovo sontuoso baldacchino in ottone dorato e argentato per rendere più solenne l’intronizzazione dell’insigne reliquia del Santo portata in processione.
Il 5 luglio 1947 il corpo di Sant’Alberto venne portato processionalmente a Rivolta in occasione della sua ricognizione. I rivoltani donarono l’urna argentea. A perenne memoria del dono furono posti due medaglioni in ceramica smaltata ai lati dell’urna, raffiguranti da un lato lo stemma municipale di Rivolta d’Adda e dall’altro la torre campanaria del paese. In quell’occasione il corpo del Santo rimase in paese per 7 giorni e furono svolti solenni festeggiamenti. La peregrinatio dell’urna presso il borgo rivoltano venne ripetuta nel 1968 in occasione dell’ottavo centenario dell’elezione di Alberto a Vescovo di Lodi.
Nel 1949 la festa patronale fu posticipata al mese di Settembre per la concomitanza con la benedizione del nuovo concerto di campane ricostruito dopo la requisizione bellica di quello precedente. Il nuovo concerto fu strutturato in una scala musicale utile alla riproduzione dell’Inno a Sant’Alberto “O Alberto, o tutela” scritto nel 1932 dal Prevosto Mons. Stefano Renzi sulla melodia scritta in precedenza dal M° Federico Caudana, Organista e Maestro di Cappella della Cattedrale di Cremona.
Il 4 novembre 1984 in occasione di una breve cerimonia di inaugurazione del restauro del tetto e della facciata della Chiesa di Sant’Alberto, la reliquia del Santo fu solennemente esposta nella piazza antistante la chiesa per una benedizione impartita in forma straordinaria dal Parroco, Mons. Angelo Cattaneo.
Nel 1997 venne operata una nuova ricognizione del corpo del Santo presso la Cattedrale di Lodi. Alla cerimonia di benedizione dell’urna restaurata, presieduta dal Vescovo di Lodi, Mons. Giacomo Capuzzi, partecipò un folto gruppo di Rivoltani accompagnati dal Parroco, Mons. Alberto Pianazza. Da quell’occasione, il 4 Luglio di ogni anno la parrocchia di Rivolta si reca in pellegrinaggio presso la cripta della Cattedrale lodigiana.
Nel 2020 i festeggiamenti per il Santo Patrono subirono notevoli restrizioni per la pandemia di Covid-19. Ciò nonostante, su invito del parroco, Mons. Dennis Feudatari, il solenne Pontificale celebrato presso la Basilica rivoltana il mattino del 5 Luglio, fu presieduto dall’Arcivescovo Metropolita di Milano, Mons. Mario Delpini, con la presenza del Vescovo di Cremona, Mons. Antonio Napolioni.
Il 15 Aprile 2023, con l’esecuzione della Messa da Requiem di Gabriel Fauré da parte della Cappella Musicale della Cattedrale di Lodi, venne inaugurato l’anno di celebrazioni per l’850° anniversario del Dies Natalis del Santo, che si concluderà con la Festa patronale del 2024.
Il 17 Marzo 2024 venne eseguita per la prima volta la Cantata per soli, coro, organo e ottetto di fiati dal titolo Riparatore di brecce, sarai chiamato appositamente composta dal M° Fulvio Rampi per il giubileo albertiano su testi curati dal parroco, Mons. Dennis Feudatari. L’esecuzione fu affidata a un ensemble composto dal Coro Sicardo di Cremona e dal Coro Santa Cecilia di Concorezzo e diretto dallo stesso compositore.
Il 4 Luglio 2024 i festeggiamenti per l’850° anniversario della morte del Santo si concluderanno con una solenne celebrazione presieduta dal Vescovo di Lodi, Mons. Maurizio Malvestiti.
Ivan Losio